Recensioni di gruppi ed artisti musicali, scrittori ed artisti in genere.
le recensioni sono curate da Andrius Firenze e Tommy Open, esclusivamente su proprie impressioni e sensazioni.
quando si parla di musica e si vive la firenze giocosa e chiassosa delle serate più mondane, non si può fare a meno di citare uno dei leggendari nomi di questo ambiente.
Fabrizio Rioli è il performer che più di ogni altro è riuscito a regalare momenti memorabili nelle discoteche e nei grandi locali dove la musica riprodotta e mixata dai 120 bpm in su. Ma chi è Rioli D.J. ? Qual’è la sua storia e da dove arriva? per rispondere a queste domande non c’è modo migliore di chiederlo direttamente a lui e per fare questo siamo andati a cercarlo rubando informazioni custodite presso la Rioli Planet Music, l’organizzazione che gestisce le serate e gli eventi dell’artista smistando le richieste che pervengono da mezzo mondo. nella Rioli Planet Music abbiamo conosciuto Tarker Homan, l’impresario che si definisce la mano sinistra di Rioli D.J., colui che tratta direttamente con la Warner, la Believe, la Sony Records e tante altre.
Rioli D.J. nonostante questo enorme apparato alle spalle riesce sempre a restare un artista semplice e cordiale, amico di tutti e sempre disposto a mettersi in gioco per offrire le sue mirabolose serate a chiunque ne faccia richiesta e che abbia il primo indispensabile requisito della simpatia e dalla lealtà. Tarker si prende la piena responsabilità delle scelte doverosamente più “cattive”, quali rifiutare un evento o un locale a suo dire non in linea con il mood e la mission di Rioli D.J. Dunque una sera siamo riusciti a seguirlo al DJOON la famosa discoteca parigina. Djoon significa letteralmente “anima” e questo locale di anima ne ha parecchia. Posizionato a breve distanza dalla Senna, nel 13esimo arrondissement, il Djoon è uno degli ultimi nati della serie di club sorti in quest’area sempre più famosa per i suoi ritrovi d’avanguardia. Molto amato dagli appassionati di musica afro-house, questo loft club dallo stile contemporaneo ispirato ai modelli newyorchesi ha rapidamente conquistato popolarità grazie alle sue indimenticabile serate a base di musica soul, funk, deep house, garage e disco. Ha ospitato e tuttora ospita star internazionali come Chez Damier, Louie Vega, Lil ‘Louis, Kerri Chandler e Black Coffee. Il locale è molto spazioso e presenta una bella facciata in vetro e acciaio.
Siamo dunque riusciti a trovare Rioli D.J. che finiva di sorseggiare il suo drink prima dell’inizio della serata danzante, seduto sullo sgabello del banco centrale. Un occasione ghiotta!!
Noi: “excusez-moi, c’est la légendaire Rioli D.J. ?”
Rioli: “certainement, c’est moi. Mais pourquoi me parles-tu en français si tu es le fou de andriusmusic.com?”
Una risata riduce subito le distanze, Fabrizio ci ha scoperti subito e possiamo proseguire parlando in italiano.
Noi: “Ti possiamo chiedere di raccontarci brevemente la tua storia? Ad esempio, è vero che hai vissuto qui a Parigi per molti anni?”
Rioli: “no, no… io preferisco Scandicci, il Viottolone e zone limitrofe”.
Noi: “la tua musica è in qualche maniera legata a precisi periodi storici?”
Rioli: “mi rifaccio spesso al neocitazionismo austriaco”.
Noi: “Chi ha influenzato maggiormente la tua passione? Come è successo che sei diventato Rioli D.J. ?”
Rioli: “Senz’altro mia zia, si mia zia amava mettere dischi di Villa e Modugno, ecco, credo di essere stato influenzato molto da lei.”
Noi: “Cosa c’è di vero nel fatto che Calvin Harris ti ha contattato per una collaborazione?”
Rioli: “Non so, non credo di conoscerlo… è un emergente?”
Noi: “E’ vero che c’è in programma l’uscita futura di un brano prodotto da te e Andrius ?”
Rioli: “C’era questa possibilità ma qualcuno mi ha fatto capire che sarebbe stato meglio evitare, ci sono grossi interessi economici e politici in ballo”.
Noi: “nella tua carriera hai accettato spessissimo di esibirti in locali molto poco famosi e quasi popolari, come puoi spiegare questa strana scelta?”
Rioli: “Non ci avevo mai fatto caso ma grazie per avermelo fatto notare, forse perchè quelli meno popolari sono meno distanti da casa mia..”
Noi: “quale consiglio ti senti di dare ai giovani che vogliono avviarsi in questa carriera artistica?”
Rioli: “Lasciar perdere e cercare di fare altro, ad esempio la raccolta di pomodori, possibilmente i San Marzano che secondo me sono i migliori.”
A questo punto siamo interrotti da due gigantesche guardie del corpo con occhiali scuri e auricolari che ci pregano di allontanarci e di lasciare che Rioli D.J. possa accedere liberamente alla consolle. E’ stata un esperienza grandiosa, non speravamo di riuscire ad avvicinarci a lui ed invece, ecco fatto. Adesso anche noi posiamo i nostri microfoni e i taccuini, lo spettacolo sta per cominciare.
Combattere per una passione vera, così è stato e sempre sarà, perchè Paolo ha lo spirito del guerriero, la sensibilità d’arte e il coraggio dell’imprenditore.
Paolo De Bernardinis MyChance.it
Paolo De Bernardinis, fondatore e responsabile di My Chance, Presidente dell’Associazione culturale no profit “Artisti Contemporanei”, si è sempre battuto per dare voce e visibilità agli artisti emergenti o più semplicemente sognanti. Questo enorme impegno, in termini di risorse fisiche ed economiche, non è mai venuto meno, neanche in momenti estremamente difficili.
La voce, attraverso il telefono del mio ufficio di Firenze, dava l’idea di un uomo stanco per le mille battaglie ma pronto a combattere nonostante tutte le difficoltà della vita.
In effetti da quella breve conversazione, si percepiva il peso delle sue esperienze in un insieme entropico tra passione per il suo lavoro e amarezza per quanto di più caro la vita gli aveva tolto. Tuttavia Paolo non ha mai mollato il suo progetto e i suoi sogni. Ancora oggi percorre quella strada scelta caparbiamente, una strada in salita e piena di ostacoli, mentre il cammino gli aveva offerto immensi viali ricchi di certezze.
Paolo è un grande uomo in mondo forse troppo piccolo per chi come lui (e sono davvero pochi), ascolta le parole del cuore e non quelle della fredda ragione. Eppure quante volte ci è capitato di dover virare a favore di vento, spiegando le vele nel senso non scelto purché il viaggio potesse continuare? Paolo no, non ha mai accettato questo facile compromesso, pagando personalmente le proprie scelte, anche nel senso più lato della parola.
Tanta caparbietà, tanto coraggio e tanta passione hanno fatto si che Paolo De Bernardinis si schierasse con i suoi progetti dalla parte dei giovani, dalla parte di chiunque a suo modo e con i propri mezzi e capacità, cercasse la strada della vita, la propria chance dove giocare quelle carte che diversamente sarebbero rimaste ad ingiallire in un cassetto sotto chiave.
Paolo De Bernardinis, Presidente dell’Associazione culturale no profit Artisti Contemporanei nonché fondatore e responsabile di My Chance, si è sempre battuto per dare voce e visibilità agli artisti emergenti. Questo enorme impegno, in termini di risorse fisiche ed economiche, non è mai venuto meno, neanche in momenti estremamente difficil. La sua è una passione vera, lo è stato e lo sarà fino all’ultimo suo giorno, perchè ha lo spirito del guerriero, nonostante le poco incoraggianti profezie del medico di turno.
Paolo De Bernardinis è un eroe e un esempio per tutti gli artisti che cercano un opportunità ma che non hanno quelle risorse e quel supporto necessari ad emergere e brillare, fosse anche per un solo istante, ma di una luce propria senza riflessi e senza compromessi.
Da parte nostra possiamo solo offrire una mano alla sua organizzazione, promuovendo e diffondendo il suo immenso lavoro, tutto esclusivamente a nostro beneficio.
Era il 7 dicembre 2019, ore 16,30 quando al centro culturale La Gualchiera venne presentato per la prima volta un libro per bambini che avrebbe segnato il lancio di una nuova ed incredibile autrice, una di quelle rare perle che non aspettava altro che un onda del mare, per smuovere quella finissima sabbia che la nascondeva al mondo.
Laura Garbin si è presentò così, forse per caso, forse convinta da quella tenera nipotina per la quale il racconto era stato scritto. Si perché non c’era altro intento che quello di sognare, di fantasticare una storia senza bisogno di cercare isole tropicali, castelli fatati, Re, principesse o avventurieri. Tutto è nato li nella sua terra, come i suoi protagonisti Lampo e Mia, due giovani lupi che abitano i boschi sopra Montemurlo. Si tratta di “Storie del bosco“, questo è il suo titolo, questo è il suo intento.
Forse tutto questo è cominciato un anno prima, quando Laura Garbin ricevette la menzione d’onore nella sezione narrativa per ragazzi al premio letterario la Ginestra di Firenze.
Laura catturò gli animi della gente tanto da spingere l’allora vice-sindaco Calamai a muovere un appello ai possibili editori interessati a questo bel racconto di animali, ambientato nei boschi sopra Montemurlo, tra la Villa del Barone, Javello e le Cavallaie.
Si perchè questo è un libro magico, è scritto per una bambina di 9 anni ma ti coinvolge e ti porta via con se a tutte le età, come il profumo del pane appena sfornato. Resistere a questo libro è come rinunciare alla poesia, come tenere gli occhi chiusi davanti alla bellezza del mare. Se ti capita tra le mani sappi che il bello e li, dietro la sua copertina semplice come un sorriso.
Laura Garbin
puoi trovare il suo libro in tutti i maggiori negozi tradizionali ed online. Non perdere l’occasione per essere felice.
l'elenco delle migliori playlists su Spotify, per scelta dei brani, numero di ascolti, ma anche per simpatia e coraggio del suo creatore.
Queste sono le migliori playlists su Spotify, ovvero playlists che piacciono ad Andrius, sono poche ma del resto i gusti di Andrius sono molto difficili:
Le preferite di Andrius possono cambiare in ogni momento a seconda dell’umore o dei cambi di stagione. Andrius è imprevedibile.
Il parametro fondamentale è che esse contengano almeno un brano di Andrius.
Se sei il curatore di una playlist e ritieni che la tua sia una delle migliori playlist di Spotify, allora mettici dentro anche un brano di Andrius e lui ti ascolterà.
Alessandro Cenedese, Chief Executive Officer della Maine Wine Records, è prima di tutto un uomo d’arte e di spettacolo, quello spettacolo che nasce dalle emozioni e dalle sensazioni sonore. Fondatore e cantante della band L.ego con cui ha prodotto 3 dischi e vissuto un’esperienza musicale lunga 10 anni. Ha sempre amato la musica, cercando ogni strada che gli permettesse di viverla, trasformarla e rivoluzionarla con l’anima se non con il cuore. Tra le mille esperienze ha lavorato come producer per Emergenza live festival, Suonica live festival e New Age Club. Ha lasciato il suo tratto in mille storie fino ad iniziare un percorso da solista, ma senza risparmiarsi in altre direzioni come ad esempio l’esperienza di speaker radiofonico. Tutto questo fonda le sue basi già dal percorso universitario al DAMS Musica di Bologna durante i primi anni 2000 fino a diventare scrittore, cantante e produttore delle sue stesse creazioni interpretate brillantemente e supportate spesso dalla sua ottima capacità di video editing.
L’impegno con Spotify a supporto dei musicisti
Nonostante il grande lavoro che lo ha portato a pubblicare il suo ultimo album “Lariva” nel settembre 2019, Alessandro Cenevese ha messo la sua esperienza e la sua passione a disposizione di tutti, occupandosi della gestione indipendente per artisti e gruppi musicali su Spotify.
Vorrei invitarvi a visitare il sito della Main Wine Records che rappresenta il centro di tutte le attività dell’artista
Scovato a sorpresa cercando e frugando tra i talenti sommersi nel web. Questo artista mi ha incuriosito, ma premetto: io odio il Rap!
Difficile dunque per me dare un giudizio su qualcosa che mi fugge, ma Idelse ha catturato la mia curiosa attenzione. Chi è mai questo misterioso Idelse? Perché esiste solamente un video (questo qua) e nessuna altra traccia sul Web? Cosa sta facendo adesso e dove vive?
L’accento tradisce le sue origini fiorentine ed il testo del suo brano, apparentemente senza nome, sembra proprio sottolineare questa sua origine gigliata.
Il brano cantato nel video è un improvvisazione di Idelse in uno studio milanese non meglio identificato, forse la sua base operativa? Un grande mistero questo Idelse… Che dire riguardo al titolo del brano? La parola che più di ogni altra spicca é “Ehi Frate“, forse è questo il titolo. E allora da qui gli lancio un invito per una intervista, almeno scopriremo qualcosa su di lui e dipaneremo questa matassa misteriosa.
Divertiti e divertenti, la giusta spontaneità e leggerezza senza nulla togliere all’impegno e al sentimento nei confronti della musica. E’ stata una bella e piacevole sorpresa ascoltarli quel venerdi 1 giugno 2018 a Castello (Firenze), proprio a due passi sotto casa mia. Non ero certo il solo, visto che da più parti si sono radunati i seguaci di questa band già conosciuta sui palchi fiorentini. Non è stata solo la buona qualità del loro sound a colpirmi, ma questa inconsueta spontaneità e la voglia di fare festa con tutti, invitando a salire sul palco a cantare chiunque ne avesse l’ardire e il coraggio. Tutti davvero bravi, certamente Andrea Corbo è il vero “animale” da palcoscenico, la sua presenza sul palco è esplosiva e la sua voce è ben supportata dalla band composta da Massimo Battistoni (chitarra), Matteo Nori (basso), Roberto Olmi (tastiere), Salvatore Lentini (batteria) e Sandro Raviglione (chitarra).
Questa naturalezza è nel DNA dei Rumores, è il loro principio fondamentale.
I Rumores nascono nel 2009 dalla voglia di “mettersi in gioco” di sei amici, durante una memorabile cena di pesce, a conferma che le idee migliori vengono a tavola!
Divisi da gusti musicali diversi, dal Punk Ramones al Progressive più ortodosso, ma legati da una passione che nel tempo si è consolidata in una grande amicizia.
Mettersi in gioco è stata la fase iniziale, la volontà comune.
Il resto è stato frutto di una specie di magia, perché l’idea Rumores è cresciuta nel tempo, e solo il tempo dirà dove potrà arrivare.
Nel 2015 è uscito il primo CD a firma Rumores: “Non basta una vita”.
Rumores è: Andrea C. (voce), Matteo N. (basso), Massimo B. (chitarra), Roberto O. (tastiere), Salvatore L. (batteria) e Sandro R. (chitarra)
Lello Vitello, un uomo di spettacolo o uno spettacolo di uomo?
Mai prendersi troppo sul serio, è l’errore più tipico sul quale l’uomo (inteso come genere umano) cade più spesso. Il tutto si ricollega alla atavica necessità di essere, di apparire, di ricevere conferme. Eccessi di orgoglio che si manifestano nella più umana timidezza, perché è certo che la timidezza sia provocata proprio da un eccesso di orgoglio. Se c’è un uomo che a tutto questo ha saputo dire di no, che è riuscito a farsi beffa delle provinciali velleità piccolo borghesi, di etichette inutili e scomode, questo è Lello Vitello.
Classe ’68, laureato in chimica e webmaster professionista, è certamente la persona più limpidamente autentica che mi sia capitato di conoscere nel mondo musicale fiorentino degli anni ’90. Gli riconosco coraggio e caparbietà, la indubbia capacità di affrontare la vita con lo stesso sorriso e la leggerezza che noi abbiamo inspiegabilmente perso. Con lui ti diverti, questo è il succo. Possiamo dibattere giorni e notti sulle sue qualità di artista, ma mai mettere in dubbio che lo sia, se non è un artista lui non lo è nessuno.
Insieme e con la band Ahmed Elman, abbiamo partecipato a concerti di deprecabile qualità, riuscendo persino a ricevere il lancio di ortaggi, un traguardo orgogliosamente raggiunto. Abbiamo trascorso alcune serate in giro senza meta e senza ragione. Comunque ci siamo divertiti perché questo accade quando si sta con Lello, si, con Lello ci si diverte sempre.
Lui é un officina in grado di produrre una enorme quantità di materiale musicale, video e contenuti multimediali in genere. E’ davvero incontenibile nella sua capacità e voglia di creare qualunque cosa che dia un sorriso o che faccia pensare. Attivare il pensiero, generare il sorriso ed infondere il buon umore, non è una banalità e non è cosa facile. Lello si espone a critiche e giudizi ignoranti di chi invidia il suo modus, ma che poi finisce dritto nel suo sito per leggerlo e per ascoltarlo, rubando così quella sensazione che è l’ennesima vittoria, un altra colpo a segno da parte di Lello.
Andrius è Andrea, musicista estemporaneo e notturno che produce musica stramba, diuretica e dagli effetti benefici. La sua attività iniziò nel novembre 1986 assieme ai soci fondatori della formazione underground fiorentina “Ahmed Elman“, presente da secoli nello scenario metropolitano. La breve ma ricca parentesi con i Kinder Zaz non cambiò il suo il suo indirizzo musicale, ma lo peggiorò portando comunque maggiore orecchiabilità alla produzione successiva. La sua produzione è di stampo psichedelico e strumentale, praticamente “colonne sonore“, musiche perfette per accompagnare video o per immaginare spazi e sensazioni ad occhi chiusi, meglio ancora con orecchi chiusi. Per capirla meglio si consiglia di ascoltare, ma anche di osservare la strumentazione utilizzata. (Origine del nome).
La musica di Andrius è distribuita nel mondo intero a partire dall’anno 2013, nonostante le accese polemiche tra le cancellerie di numerosi paesi del “Patto di Varsavia” che accusavano la N.A.T.O. (e viceversa) di attentare alla stabilità del sistema e minare la pace nel mondo.
Le mie preferenze in campo musicale? Bè, credo non ci sia sia modo migliore di rappresentarle se non attraverso coloro che a mio dire, ne rappresentano l’essenza. Non c’è neanche bisogno di andare tanto lontano, di scomodare nomi patinati e leggendari. Parlo dei fiorentinissimi “The Regal”.
Li avete mai sentiti dire? Anzi, dovrei chiedervi se li avete mai ascoltati, perché i tre musicisti che compongono questa band, non sono propriamente dei cultori dell’immagine, ma quello che riescono a fare mi fa venire i brividi. Non fraintendetemi, non mi riferisco ai classici virtuosismi ma alle sensazioni che percepisco nell’ascoltare la loro musica. E’ come ritrovarsi catapultati in tempo e in luoghi lontani, eppure quel sound così familiare per chi come me è nato negli anni ‘60, rimane assolutamente originale, subito identificabile nel loro sound, nelle loro timbriche, nel loro modo di essere.
Bah, sarà perchè amo questo genere, che (forse erroneamente), mi trovo ad attribuire a questa band un valore eccessivo? Bene, sono pronto ad assumerne tutti i rischi, provate però ad infilarvi quelle maledette cuffie e fate partire “The Unloved”, oppure “When you could understand”, chiudete gli occhi e lasciate che la vostra fantasia si liberi. Se dopo di ciò, nel vostro stato d’animo non fosse accaduto niente, beh allora… tornate pure ad ascoltare Justin Bieber.
The Regal
Alessio Consoli
Il nome che identifica la band fiorentina, potrebbe sembrare snob, anche perchè in effetti di “regale” non hanno molto, però questo nome mi fa pensare alla distanza e la solitudine che l’essere regale comporta. Da li si vede il mondo da un’altra angolazione, i rapporti cambiano, sono formali, freddi, distanti. Fuori, più in basso, più lontano c’è tutto un mondo che pare non appartenere alla stessa dimensione. C’é uno stato d’animo che guarda con rassegnazione, come chiuso in una gabbia di cristallo troppo spesso per permettere che il proprio grido possa essere udito oltre.
La formazione pare essersi formata nel 2008 su progetto di Andrea Badalamenti (chitarra e voce). Manuel Pio (batteria e voce), e Alessio Consoli (basso e voce). I The Regal si affacciano con il primo album dall’omonimo titolo nel 2012, composto da 9 brani che preannunciano quello stile destinato a contraddistinguere la band nel panorama musicale. Con il trascorrere degli anni il terzetto non scopre di avere soltanto una morbosa voglia musicale, ma dimostra di avere una notevole virtù nello scrivere canzoni che lasciano poco spazio al caso poiché frutto di attenta meditazione, ricca di contenuti che la portante musicale intende trasmettere. La matrice sonora del loro secondo capitolo “The shade of the human job” è rimasta invariata, ma oggi Andrea Badalamenti (ancora autore di tutte e dieci le canzoni del disco), pone l’attenzione sull’essere umano, le sue vulnerabilità e le difficoltà nel vivere in sintonia con il prossimo, come l’isolamento voluto o subito da chi rifiuta la propria necessaria ambizione e la naturale arroganza.
Andrea Badalamenti, ha letto molto e si è molto concentrato sugli assunti e i dogmi creati dall’uomo con la presunzione, il cinismo e la pigrizia: “…perchè là dove ci possono essere gli strumenti per cambiar testa, per abbattere i dogmi e vivere in uno scenario più vero e sano, restiamo sempre agganciati al sistema, un sistema che oggi noi critichiamo, ma che alla fine accettiamo perché molto vizioso. È molto più comodo vivere in un mare di credenze piuttosto che destrutturarle.“
Così “The shade of the human job” risulta ancora più trasparente del precedente lavoro. Le impronte ritmiche e armoniche di Manuel Pio (batteria) e Alessio Consoli (basso) risultano più accentuate, anche per l’uso di registrazioni in presa diretta, certamente più calde e spontanee.
Le Edizioni e l’Ufficio stampa sono a cura di A Buzz Supreme.
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